PER LA JUVENTUS ERA GIUSTIZIALISMO PER L’INTER DIVENTA GARANTISMO di Massimo Zampini
Inchiesta ultras tra ipocrisia e doppiopesismo: quanto fango sulla Juve. E ora…
L’ipocrisia del racconto è andata oltre, arrivando all’ultimo stadio
Quello sì, sarebbe il solito articolo. Magari con una spruzzata di sorrisi sugli acquisti “flop” già certificati alla settima giornata e di complimenti a Motta che dice le cose giuste nel modo giusto, anche se sta imparando a capire che per lui tutto è cambiato rispetto all’anno scorso, quando un rigore negato al suo Bologna contro i cattivi di sempre è diventato il simbolo degli errori arbitrali: quest’anno può parlare con eleganza, ricondurre giustamente colpe e meriti solo alla squadra o far capire che di simulazioni così ne ha viste fischiate poche e spera che d’ora in poi ci sia tolleranza davvero – ben sapendo che non sarà così -, ma in ogni caso in prima pagina finiranno i troppi pareggi e gli acquisti flop, non certo gli errori contro la sua Juve o le sue parole, molto più chiare di come siano state intese e riportate.
Fosse una settimana qualunque, avrei già finito, ma stavolta non si può. Perché l’ipocrisia del racconto è andata oltre, arrivando – è proprio il caso di dirlo – all’ultimo stadio. Non più rigori e simulazioni, niente foto di finti parenti dell’arbitro colpevole di non avere espulso un giocatore bianconero, via le plusvalenze e la mitica “carta Ronaldo”, onnipresente su certe pagine. Qui si parla di una inchiesta sulla criminalità organizzata infiltrata nelle curve, omicidi, minacce, pm sotto scorta e così via. Ora, è impossibile dimenticare il fango del 2017, la Juventus e il suo presidente Agnelli perennemente associati alla “Ndrangheta”, perfino con intercettazioni appositamente alterate di fronte alla commissione Antimafia, la richiesta di due anni e mezzo di squalifica, i soliti noti con dieci tweet al giorno a chiedere retrocessioni e radiazioni. L’ennesimo disastro del racconto dei media sportivi (e non).
Basterebbe, almeno su questo tema, cancellare ipocrisia e doppiopesismi
Lungi da noi, allora, replicare quel becero giustizialismo quando tocca agli altri: l’Inter e i suoi tesserati non sono indagati e nessuno auspica chissà quali sentenze. Si tratta di una piaga di ordine pubblico che per prime le autorità dovrebbero aiutare ad affrontare, non lasciando sole le società.Basterebbe, però, almeno su questo tema, cancellare ipocrisia e doppiopesismi: la questione già sgonfiata su tanti media, affrontata su carta stampata e tv come il rapporto tra la società e gli “ultrà”, come se non vi fosse anche il collegamento con la criminalità organizzata, come se quanto scritto anni fa sulla Juve oggi non valesse più; l’articolo 4 sulla slealtà sportiva che – direbbe l’artista – “po’ esse piuma e po’ esse fero”: due anni fa è stato “fero”, oggi pare diventato “piuma”; gli inviti plurimi da parte delle istituzioni sportive alla cautela, dopo anni in cui questo termine era stato abolito dalla giustizia sportiva; la corsa a definire le società coinvolte “parti lese”, non gradita perfino da Nando Dalla Chiesa, interista, che le istituzioni le conosce più di tutti noi e si pone domande come una mosca bianca in un mare di silenzio e indifferenza dal fronte dei solitamente attivissimi e loquaci comunicatori e vip nerazzurri (illustri direttori di testate giornalistiche compresi); il tifo palesato dal procuratore perfino in conferenza stampa, il focus da spostare; l’allenatore che spiega di non avere mai subito minacce dai capi ultras, semplicemente spingeva con la società per dare più biglietti del consentito e avere più tifo – aggirando dunque le norme della giustizia sportiva -, ma trova comunque uno spazio minimo in prima pagina, perché a quanto pare la questione ha già perso interesse.
Il tentativo di condizionare il sentimento popolare dovrebbe prendersi un turno di pausa
Tutto un contorno che finalmente pare tornato al più spinto garantismo, proprio come piace a noi. Sfociato nel grottesco quando si è scelto, pur di smorzare e di modificare il sentimento popolare, di andare improvvisamente sul filone giovani, i quali a quanto pare – anche se i numeri parrebbero dire il contrario – amerebbero il mondo ultras, viva l’appartenenza e sentirsi parte di un qualcosa, proprio come si trattasse di un concerto degli 883 e non fossimo di fronte a una inchiesta che parte da plurimi omicidi, affari e minacce. Stavolta non è solo calcio e il tentativo di condizionare il sentimento popolare, magari cavalcando presunte passioni dei “giovani” (a volte il ruolo del salvatore della patria tocca al “calcio del popolo”, a volte ai “giovani”), dovrebbe necessariamente e urgentemente prendersi un turno di pausa. Solo una piccola interruzione, per rispetto di una questione più grande di noi. Al prossimo rigore dubbio, alla prossima carta Ronaldo, l’ipocrisia e il doppiopesismo potranno tornare al loro posto. E noi, finalmente, potremo tornare a scrivere di Conceicao. Massimo Zampini