ANTONIO CONTE CHIAMA LA JUVENTUS: “MI SONO PENTITO DI ESSERMENE ANDATO” OCCASIONE DA NON PERDERE
Ho avuto modo di visionare ed ascoltare tutto l’intervento di Antonio Conte al Festival dello sport a Trento e stralci dell’ospitata alla nota trasmissione Belve, che andrà in onda domani.
Solo un cieco e sordo potrebbe non riconoscere il suo richiamo accorato ad una chiamata della Juventus.
Antonio per la prima volta (che io ricordi) ha ammesso candidamente che si è pentito (non poco) di aver lasciato il nostro club.
“Quando anche per le piccole cose vedi grandi problemi” è stata una frase importante, che denota la sua presa di coscienza di aver sbagliato e di voler agire in modo diverso, in futuro, con meno foga e più riflessione.
Il tempo, come dico spesso, aggiusta tutto, aiuta a capire gli sbagli ed apprezzare meglio ambienti, persone, cose, situazioni, dove tutto funzionava a dovere e non mancava nulla; da cui non ci si allontanerebbe più, potendo rifare tutto.
Il Conte che abbiamo conosciuto era (è) un allenatore sanguigno, istintivo, poco incline al compromesso ed alla diplomazia, che ha sempre lasciato i club che allenava non appena la situazione si faceva per lui critica, a livello di vedute aziendali, di programmi, di mentalità; con problemi che ripensandoli oggi, sarebbero stati e sarebbero affrontabili con un modus diverso, più collaborativo e portato alla mediazione.
Lo si estrapola da ogni parola, ogni smorfia, ogni sospiro, che farebbe di tutto per tornare.
La luce che gli si accende quando parla dei nostri colori, dei trofei, dei ricordi da giocator e poi tecnico; le stesse frecciatine a Max (“Quando sento allenatori che dicono che un tecnico debba fare meno danni possibili e che non incida, non sono d’accordo”), ci dicono come lui vorrebbe poter intervenire e metter mano alla situazione, con le sue idee, il suo entusiasmo, la sua visione su come si allena e su come si va in campo.
Ho avuto modo di capirlo anche da un dialogo con una persona (che non nomino) in tribuna dove alla domanda: “Perché non torni?”, rispose: “Fosse per me…. I matrimoni si fanno in due”.
Tra tutte le risposte e gli aneddoti forniti al giornalista che lo ha intervistato a Trento, dove ha raccontato cose davvero molto interessanti, una frase mi ha colpito e non mi lascia (e non può lasciarmi) indifferente:
“Nel frattempo studio, mi aggiorno, e quando tornerò sarà dura per tutti”.
Esattamente quello che non ha fatto qualcun altro.
Credo che chi ingaggerà Antonio farà il colpo più importante che ci possa essere: un professionista con la maiuscola, affamato e motivato come una belva (appunto…) in gabbia, che sta utilizzando il tempo libero per aggiornarsi e studiare colleghi, idee e farle proprie, per una crescita personale che lo rilancerà, a mio parere, alla grande nel calcio che conta.
La Juventus non deve lasciarsi scappare per nessun motivo questa opportunità, perché fornirebbe alla concorrenza un’arma che è meglio non trovarsi contro per nessun motivo.
Sentirlo parlare dell’attenzione al taglio dell’erba, alla dieta dei calciatori, ai test che fa ai massaggiatori, su sé stesso, per comprendere se vadano bene; la scrupolosità con cui osserva e personalizza i concetti di gioco di colleghi anche importanti (per es. Guardiola), con cui racconta una grande verità, che ho sempre provato a spiegare sui miei post a chi portava leggende e sentito dire (“Lui gioca solo col 352, è difensivista”, gne gne … Non è affatto vero): è un tecnico elastico, capace di cucire il vestito migliore al gruppo, che non sia verità il fatto della difesa a tre a prescindere, ma che giocherebbe con ben altri sistemi, se avesse gli interpreti giusti, provoca in un nostalgico come me, amante delle idee, della disciplina, dei dettagli, della scrupolosità, un desiderio enorme di rivederlo sulla nostra panchina.
E sì: nonostante quello che è successo. Inutile rivangarlo ogni volta come un disco rotto: evitate.
Anche Lippi andò all’Inter, anche Davids, anche il Trap, anche Tardelli. Gentile andò ai Viola.
Amareggiò all’epoca e amareggia anche oggi, ma nel mondo del calcio è quasi impossibile restare nello stesso posto a vita. La professione porta a fare scelte scomode.
E’ vero, lui è sempre stato un po’ contorto: “Sarò il primo tifoso del club che alleno”, per esempio, provoca fastidio.
Ma se ci pensiamo, quanti cambiando azienda, incarico, danno tutto per il posto di lavoro e si sentono parte di una famiglia, di un qualcosa dove si mette anima e corpo?
Era l’Inter, era quella robaccia là, ne sono consapevole; ma dobbiamo capire che i professionisti vanno dove li pagano e dove gli danno fiducia, altrimenti restiamo nel calcio degli anni 70, che era certamente più bello a livello di romanticismo e purezza, ma non è attuale, che ci piaccia o meno.
Il dito medio fu una “cosa personale” tra due persone che in quel momento non riuscivano a dialogare e rispettarsi, per mille scorie tra loro, non vedetelo come un oltraggio ai colori o al pubblico: non era a noi che si rivolgeva.
E sapete quanto io sia dalla parte di Andrea.
Se si sono chiariti loro, se si è chiarito il club, perché non dovrebbe farlo il tifoso?
Il disappunto per certe scelte e certi atteggiamenti resterà sempre, ma dobbiamo saper andare oltre e volere il meglio per la maglia: io (parlo per me, non per gli altri) ritengo che in questi anni di transizione e di ricerca del DNA perduto, Conte sia il meglio per noi.
Non possiamo e non dobbiamo lasciarci sfuggire questa occasione: le minestre riscaldate sono spesso poco buone. Non sempre però.
A parte che il Lippi 2.0 portò due scudetti ed una finale di Champions… Tanto male non fu. Oggi metteremmo la firma per uno score simile; Conte tornerà più maturo e forte di prima, con una determinazione che in altri non vedo.
A noi serve tutto questo, questa maniacalità, questo sangue agli occhi.
Credo che un Miretti o un Locatelli o per esempio gli esterni, ne uscirebbero trasformati e migliorati dal lavoro con Antonio.
Abbiamo una chance più unica che rara: non facciamolo finire su altre piazze.
Spero che la società non resti indifferente a questo richiamo.
Io voto Antonio Conte. Cristian Belli