“LA NOTTE DEI LUNGHI COLTELLI BIANCONERI” – ATTO SECONDO
La storia, che è maestra di vita, insegna che nella lotta per il potere le battaglie più dure e cruenti, gli esseri umani, le hanno combattute nelle loro stesse famiglie. Conflitti gareggiati senza esclusione di colpi, pur di accaparrarsi il bene più prezioso: il potere! Ciò che sta succedendo all’interno della gloriosa F.C. Juventus Football Club, nell’anno domini 2023, sembra che avvalori questa lezione che viene dal passato. Infatti, riavvolgendo il nastro, non può non saltare all’occhio come, i fatti dell’inchiesta portata avanti dalla cosiddetta “giustizia sportiva” nel campionato calcistico della massima serie appena trascorso, somiglia molto a quella che qualcuno aveva usato qualche lustro fa. Il riferimento e ai fatti accaduti nel 2006 e passata alla storia con il nome di “calciopoli”. Ma andiamo per ordine.
Oggi la Juve, accusata di aver fatto delle plusvalenze non regolari, è stata penalizzata di dieci punti in classifica ed ha visto una parte del vertice societario condannato a cominciare dal presidente Andrea Agnelli. Vertice che nel frattempo si era dimesso a seguito dell’inchiesta della procura della Repubblica di Torino. Ma cosa sono le plusvalenze? Intanto è un sistema praticato da anni dalle società di calcio, TUTTE LE SOCIETA’ DI CALCIO, che prevede lo scambio fra due club. Le cosiddette plusvalenze a specchio. Funziona così: si scelgono due giocatori simili, di solito dei giovani di media qualità, con un valore residuale molto basso a bilancio, e si combina una permuta, attribuendo ai due atleti un valore più alto di quello che avrebbero sul mercato. In questo modo non c’è un reale movimento finanziario, non c’è un sostanzialmente apprezzamento della rosa (esce un giocatore e ne entra un altro di valore tecnico simile) ma si genera un risultato positivo sul bilancio. Non essendoci un criterio oggettivo di riferimento, il prezzo di queste operazioni può essere liberamente concordato fra i due club che ne traggono evidenti benefici. Dunque, la domanda è: ammesso che produrre plusvalenze sia un reato (è la stessa Corte Federale aveva stabilito che non lo era in altra sentenza dello scorso anno) bisogna essere in due per consumare questo crimine. Se la F.C. Juventus è la sola ad essere condannata, mentre le altre società di calcio sono state assolte, come avrebbe potuto, la squadra a strisce bianconere, commettere tale reato? Senza scomodare Socrate e altri grandi filosofi dell’umano pensiero, e della logica, appare evidente che tutto ciò sembra sia stata una scusa per far chiudere bottega alla vecchia dirigenza bianconera. Magari le motivazioni reali, di tutto ciò, potrebbero risiedere presso una istituzione del Vecchio Continente che non ha mai fatto mistero che quell’affare della “Superlega” era un affronto da far pagare caro e amaro alla F.C. Juventus.
In ogni caso, questa è una vicenda per tanti versi simile a quella del 2006. All’epoca, in pieno clima di “caccia alle streghe bianconere”, misero su lo spettacolo di un processo, chiamato appunto “calciopoli”, che decapitò una squadra che, con la casacca bianconera, dominava negli stadi italiani ed europei. Giocatori formidabili che, in quel fatidico anno, portarono la nazionale azzurra a laurearsi per la quarta, ed ultima volta, Campione del Mondo contro la Francia. Infatti, metà di quella compagine azzurra, oltre l’allenatore, provenivano dalla proprio della Juve. Ecco perché è utile rileggere dei commenti che tanti illustri giuristi riservarono allora a questa vicenda. Giuliano Pisapia, all’indomani delle sentenze di calciopoli del 2006, così scrisse: «Nessuno ha sottolineato che qui i giudici decidono solo sugli atti portati in aula dalla pubblica accusa. Leggo l’articolo 37 del codice: “Il dibattimento si svolge in contraddittorio tra la procura federale e le parti. Al termine del dibattimento il rappresentante della procura formula le proprie richieste”. Bene, qui il dibattimento non c’è stato. Perché il dibattimento è il luogo dove si verifica la tesi accusatoria e si forma la prova. Alle difese non è stato consentito di produrre prove, di citare testimoni (come anche ammetterebbe lo stesso articolo 37). E la pubblica accusa ha formulato le sue richieste di condanna ancor prima che iniziasse il dibattimento! Come succedeva in Unione Sovietica» Mentre, sul quotidiano “Il Tirreno”, Enzo Biagi sostenne: «Una sentenza pazzesca, e non perché il calcio sia un ambiente pulito. Una sentenza pazzesca perché costruita sul nulla, su intercettazioni difficilmente interpretabili e non proponibili in un procedimento degno di tal nome. Una sentenza pazzesca perché punisce chi era colpevole solo di vivere in un certo ambiente, il tutto condito da un processo che era una riedizione della Santa Inquisizione in chiave moderna.>> Giuseppe Benedetto (ex giudice sportivo), gli fece eco con queste parole: «Come si fa a portare avanti un processo senza alcun criterio oggettivo? C’è una cupola che ha condizionato il campionato senza condizionare le singole partite. E poi Guido Rossi ha avuto la non proprio eccellente idea di nominare tutti i nuovi giudici praticamente alla vigilia del processo. Ma non sono stati sostituiti solo i magistrati. È stata direttamente rivoluzionata tutta la CAF. Sono stati cambiati anche gli avvocati. Se io dovessi essere processato da un giudice nominato dal mio accusatore e che durante la camera di consiglio pensa pure di andarsene in Parlamento a spiegare cosa è l’etica e cosa è un sistema pulito e sano, io sinceramente non starei tanto tranquillo. Quindi, o il processo è una farsa oppure qui ognuno fa un po’ come crede sia giusto fare. Non sono state rispettate neanche le regole e sono state utilizzate modalità piuttosto anomale nella strutturazione del processo.» E, per chiudere, il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, in una intervista, ai microfoni di FootballNews24, disse: <<Calciopoli? Come ex giudice posso dire che la giustizia sportiva sta alla giustizia, in senso generale, come i bambini che giocano a fare il medico stanno a chi il medico lo fa per professione. Questo per dire che c‘è uno scarto troppo grande tra la giustizia sportiva e la giustizia in senso proprio. Io mi sento defraudato perché quel modo di procedere ha creato gravi disparità di trattamento. Pensiamo alle testimonianze su alcuni dirigenti del Milan, dell’Inter, sulle intercettazioni di Giacinto Facchetti, anche se sembra brutto parlarne a causa della scomparsa dell’ex dirigente nerazzurro. Tutte cose che non sono state assolutamente considerate e, proprio per questo motivo, si può parlare di ingiustizia. Non so se dietro ci fossero altre situazioni, anche interne alla Juventus, e qui faccio finta di non sapere>> – continuava ancora Baldassarre – <<mi ricordo, all’epoca, di aver parlato con un collega, che è stato a capo del collegio giudicante dell’ufficio sportivo. Durante una cena, a mia precisa domanda, mi rispose ‘Veramente io ho dato il destro al difensore della Juventus per sostenere una certa tesi, ma non l’ha sostenuta’. Come per dire che l’assoluzione poteva anche esserci, con una sanzione di tipo diverso, come successo con altre squadre. Ma se il difensore non sfrutta l’occasione per portare avanti una certa tesi, cosa devo pensare?>> Già, cosa pensare di una proprietà che, ieri come oggi, non difende fino in fondo la società bianconera dagli attacchi che subisce e dalle ingiustizie di cui sembra essere vittima? Che fa in modo che i suoi dirigenti, che hanno conquistato nove scudetti di fila e innumerevoli altri trofei, vengano allontanati senza batter ciglia? Dei nuovi dirigenti che per vederli, o sentirli, bisogna rivolgersi alla trasmissione “chi l’ha visto”? Vuoi vedere che la risposta a questi interrogativi risiede nel fatto che, per la proprietà, la F.C. Juventus, ieri come oggi, non è un fine, ma un mezzo? In altri termini: meglio avere una squadra che non vince, ma che sta simpatica a tutti, rispetto ad una formazione, come quella degli anni dieci di questo terzo millennio, che ha dominato in lungo e in largo determinando antipatie e invidie. Soprattutto in alcuni anti iuventini, da sempre attraversati e corrosi da un odio tale che pur di vedere la squadra più titolata d’Italia messa ai margini, senza alcuna vergogna venderebbero loro stessi, e i loro affetti, ad un arem. Dunque, la logica sembra suggerirci che un’altra “notte dai lunghi coltelli” sia stata consumata nelle stanze del potere, e di famiglia, della squadra a stelle e strisce bianconere. In ogni caso, gli autorevoli commenti, di cui sopra, sono parole pesanti come un macigno. Solo che la logica, e l’onestà intellettuale, non hanno più casa in questa nostra povera Patria, lasciata in balia dei nuovi (per modo di dire) rappresentanti di una Santa Inquisizione “anti juventina” di medioevale memoria. Antonio Pesca