FACCIAMO CHIAREZZA SULLA MANOVRA STIPENDI

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Mi pare che ci sia molta confusione sulle due manovre stipendi che la Juventus ha effettuato nel 2020 e nel 2021 in occasione della pandemia Covid.
Leggo in giro che si fanno ipotesi di patteggiamenti, cosa anche probabile per carità, ma partendo sempre dal punto di vista dell’accusa.
Eppure, quello che spaventa di questo filone d’inchiesta è più l’atteggiamento della giustizia sportiva nel rubricare una sanzione ex art. 31 CGS in una violazione ai sensi dell’art. 4 (slealtà sportiva).
È questo che fa più paura e non tanto la valutazione delle due manovre stipendi.
Nel 2020 la Juve si era impegnata a pagare i 70 milioni delle tre mensilità sospese e, secondo la Procura di Torino e la Consob, avrebbe dovuto accantonare a fondo rischi quella somma. Non facendolo, avrebbe migliorato i conti del bilancio 2019/2020 (peggiorando però quelli degli anni successivi in cui si provvede al pagamento degli stipendi)
Se dovesse essere provato, si tratterebbe, quindi, di falsa comunicazione di bilancio.
Il CGS prevede, per questa violazione l’applicazione dell’art. 31, quindi multa, anche se occorre sempre temere l’eventuale applicazione dell’art. 4 che è un po’ l’asso nella manica della Corte Federale.
La seconda manovra stipendi, quella del 2021, è quella che spaventerebbe di più (uso il condizionale perché non conosciamo assolutamente nulla delle contromosse della difesa).
Aver stipulato degli accordi e non averli depositati prevede una violazione grave che comporterebbe multe fino a tre volte il valore degli accordi siglati (fino a 140 milioni di euro) ed il comma 3 dell’articolo 31 prevede anche uno o più punti di penalizzazione.
Ove si arrivasse ad un eventuale patteggiamento, la motivazione risiederebbe più in un discorso economico che altro per scongiurare il pagamento di importi così elevati.
Al momento, eviterei di leggere fonti di informazione che fanno terrorismo psicologico ed aspetterei le mosse della difesa che, con il colpo di ieri al Tar di Roma, ha dimostrato ben altro atteggiamento rispetto al 2006. Paolo Scola

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