PLUSVALENZE PARLA IL PROF.NAPOLI: ” VI SPIEGO COME LA JUVENTUS E’ IN REGOLA”
“Nessuna legge vieta di cedere a prezzi più alti”
Intervista al docente di Diritto processuale tributario alla Luiss: “Al momento non esiste un criterio per determinare il giusto valore di un giocatore. Non essendoci reato, le intercettazioni non hanno rilievo”
Professor Napoli, il tema delle plusvalenze fittizie è diventato cruciale nel dibattito calcistico. Come si stabilisce la veridicità o la falsità di un valore di un calciatore?
«In generale, la cessione di un calciatore è paragonabile alla cessione di un bene immateriale (da ultimo, Corte di Cassazione sentenza n. 2376/2023) e non può esistere una norma che vieti di cedere un bene a un prezzo più alto, anche se sovrastimato, ove concordato tra le parti in seno ai contratti inerenti al pagamento dei diritti di trasferimento. A differenza di qualsiasi bene, anche di natura immateriale, il valore economico di un giocatore è qualcosa di più complesso che si sviluppa in una condizione di libero mercato ed è fissato attraverso criteri influenzati dalla soggettività delle situazioni delle singole società interessate all’affare, nonché da valutazioni prospettiche e discrezionali sul talento dell’atleta, sulle sue caratteristiche specifiche e su profili tecnici e caratteriali che rendono tale valutazione unica nel suo genere».
Insomma, non esiste il cosiddetto “fair value”, ovvero il “giusto prezzo”?
«Sì, allo stato, non esiste un “fair value” del calciatore universalmente riconosciuto e, dunque, nessun parametro può eventualmente essere preso a riferimento per sostenere la presenza di alterazioni contabili, poste in essere mediante valutazioni false, che assumano rilievo in rapporto al reato di “Falso in bilancio” (ex artt. 2621 e 2622 c.c.). A tale riguardo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ponendo fine alla situazione d’incertezza giuridica che si era creata a seguito della novella legislativa del 2015), con la sentenza n. 22474/2016, dopo un’approfondita e rigorosa disamina, ha subordinato la punibilità del cd. “Falso valutativo” al consapevole scostamento da criteri di valutazione normativamente stabiliti (o tecnici generalmente accettati), senza darne informazione nel bilancio e in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle informazioni stesse. Inoltre, tali criteri devono essere connotati da un grado di dettaglio e chiarezza tale da escludere ogni incertezza interpretativa».
Sarà mai possibile stabilire un fair value delle prestazioni di un giocatore per avere quella certezza interpretativa?
«Si tratta sicuramente di un’operazione molto complessa, confermata dall’assenza ad oggi di tali criteri. Peraltro, ogni eventuale valutazione dovrebbe essere sviluppata a livello internazionale, coinvolgendo gli organi tecnici della Uefa e della Fifa. Personalmente, considero la definizione economica del valore di un giocatore, un’operazione utile solo se necessaria a impedire fattispecie illecite, diverse quindi, da operazioni regolarmente esposte in bilancio e oggetto di pagamento (anche mediante compensazione)».
In assenza di criterio oggettivo per stabilire un fair value, si può pensare di legiferare sull’argomento?
«Ripeto, solo ove si ritenga che l’ingiustificata sovrastima del calciatore possa generare un “ingiusto profitto”, potrebbe procedersi all’approvazione da parte degli enti competenti di specifiche disposizioni tese a stabilire criteri oggettivi di valutazione dei calciatori. Gli interventi normativi recentemente proposti dal Governo, non riguardano tali questioni, ma si riferiscono soltanto ad aspetti pratici connessi al mero trattamento fiscale della plusvalenza, non alla sua natura».
Un’intercettazione nella quale si discute dell’eventuale supervalutazione di un giocatore può essere la prova del falso valutativo o in mancanza di parametri oggettivi non è possibile stabilirlo?
«Quello delle intercettazioni è uno strumento di ricerca della prova dei reati legittimamente azionabile dalla magistratura e dagli organi inquirenti. È evidente che se non c’è un reato perseguibile, il contenuto delle intercettazioni non deve avere alcun rilievo».
Ci sono casi particolari in giurisprudenza sull’argomento che potrebbero essere tenuti in considerazione in questa vicenda?
«Il tema delle plusvalenze nel calcio è un tema risalente nel tempo. La giurisprudenza, sia di merito, sia di legittimità, si è occupata spesso, in passato, di tali questioni mettendo in evidenza importanti profili di interesse ai fini della nostra analisi. Una attenta rilettura di tali arresti giurisprudenziali potrebbe far emergere utili elementi di valutazione ai fini di cui stiamo parlando».
Che impatto hanno le plusvalenze sotto il profilo fiscale?
«Le plusvalenze non hanno nessun impatto negativo sul piano fiscale. Il diritto alla prestazione sportiva dell’atleta (costo del “cartellino”) va iscritto tra i beni immateriali del bilancio. La cessione di tale diritto genera plusvalenze o minusvalenze classificabili tra i componenti ordinari della società sportiva ed è rilevante ai fini impositivi. Il problema, dunque, non è certamente di natura fiscale dal momento che l’eventuale plusvalenza generata dalla sovrastima del valore di un calciatore è sicuramente intercettata. E ciò vale anche per le cosiddette plusvalenze “a specchio”, ove, come noto, le società coinvolte nell’operazione si scambiano i calciatori, compensando i relativi valori con eventuali conguagli in denaro in presenza di differenze di prezzo».
Insomma, alla fine, ci pagano sempre e comunque le tasse. In definitiva, che vantaggio può dare una plusvalenza “fittizia” a una società che ne fa uso?
«Nell’immediato rispettare le regole del fair play finanziario, evitando di chiudere il bilancio in perdita». Intervista realizzata da Tuttosport