Juve nel mondo grande come Pavarotti, ma lui si “allenava” in provincia
Esattamente come tutte le più grandi e prestigiose società di calcio europee, anche la Juventus non può sottrarsi dalla regola ormai consolidata che prevede lunghi tour estivi oltreoceano
. Lo impone il sistema produttivo dello stesso mondo del pallone, al quale è praticamente vietato fermarsi per non interrompere il ciclo del ritorno economico. I tempi sono questi e per quelli rimasti come tesoro nella memoria si può al massimo provare soltanto un sottile senso di malinconia. Rimpiangerli sarebbe sciocco e perfettamente inutile.
Quando la Juventus, per esempio, si radunava a Villar Perosa, dove soggiornava per un mese e lavorava faticando su e giù per le montagne guidata dai fischi di Giovanni Trapattoni. Poi, a metà percorso, arrivavano il presidente Giampiero Boniperti e il direttore Pietro Giuliano. Nell’hotel dove la squadra viveva si apriva una “tre giorni” di trattative per il rinnovo degli ingaggi, che spesso dava origine a scontri storici, ma alla fine sempre vinti dallo stesso Boniperti. Infine il calcio giocato con la “vernice” Juventus contro la Primavera, alla quale assisteva l’Avvocato con i figlio Edoardo davanti a popolo bianconero che arrivava in massa nella Val Chisone la mattina presto. La prima partita “vera” era in programma sempre a Vercelli, contro la Pro. Novanta minuti regolari e poi tutti a mangiare le rane fritte dopo essere stati devastati dalle zanzare. Sembrano essere trascorse due vite eppure quella era la Juve di Rossi, Platini e Boniek. Insomma, roba di lusso.
Ora a muscoli ancora “freddi” si parte per andare lontano. In Messico e negli Stati Uniti, questa volta. L’appeal che la Juventus eserciterà sul pubblico degli stadi centro e nord americani sarà indubbiamente eccezionale e gli stadi faranno registrare il sold out. Il compenso in denaro per la società bianconera sarà altrettanto ragguardevole, come è legittimo che sia. Del resto, senza la preoccupazione di esagerare, la griffe juventina nel mondo è pari a quella che possedeva il grande Luciano Pavarotti, allorché radunava migliaia di persone per i suoi concerti planetari.
In questo senso, però, mi pare che le tradizionali regole del gioco siano state ribaltate. Le tournèe calcistiche rappresentano un momento di puro spettacolo quasi fine a sé stesso. Il risultato conta meno di zero e le squadre che vanno in campo sono comunque “sperimentali”, soprattutto per ciò che riguarda la forma fisica e la disposizione tattica. Ora avviene l’esatto contrario di ciò che accadeva per Pavarotti e per tutte le compagnie teatrali, vecchie e nuove, più celebri e importanti. Era ed è buona regola fare le prove e allenarsi nei teatri di provincia per poi, soltanto dopo, presentarsi davanti al pubblico delle grandi scene quando il lavoro è perfetto e lo show garantito nella sua completezza. Per rispetto del proprio lavoro, del buon nome, della maglia che si indossa, di sé stessi e della gente che paga per assistere ad una performance all’altezza del valore indiscusso dei suoi protagonisti. FONTE ILBIANCONERO.COM